Dal labirinto alla piazza. Il progetto Sistema Informativo degli Archivi di Stato
Pierluigi Feliciati - Daniela Grana
Direzione Generale per gli Archivi
Questo contributo è stato
pubblicato in Scrinia,
a. II, n. 2-3 (luglio/novembre 2005), pp. 9-18
Il SIAS nasce dall’esigenza, da
sempre sentita dall’Amministrazione archivistica, di poter disporre
di uno strumento di informazione, costantemente aggiornato, sulla
consistenza qualitativa e quantitativa del patrimonio documentario, conservato
a qualsiasi titolo negli Archivi di Stato e sul relativo stato di ordinamento e
di inventariazione.
Per molti decenni i membri del
Consiglio – e tutta la comunità degli archivisti – continuarono da una parte a
richiedere l’emanazione di norme di descrizione, dall’altra ad interrogarsi
“sull’estensione e sulla forma da dare agli inventari”. Era lo stesso metodo
storico, a conti fatti, che frenava la definizione di
regole generali, col sottolineare la qualità di unicum per ogni
archivio, considerato quasi una categoria dello spirito[ii].
Opinione questa portata alle estreme conseguenze dal Cencetti
nel 1939 ne Il fondamento teorico della dottrina
archivistica: “Non esiste un problema del metodo di ordinamento... ogni
archivio ha il suo ordinamento; [per cui] si dovrà risolvere ogni volta un
problema particolare”.
Sarà finalmente la Guida generale
degli Archivi di Stato, alla fine degli anni ’60 del
XX secolo, a realizzare non solo l’obiettivo di offrire il panorama del
patrimonio conservato dagli Archivi di Stato, ma anche e soprattutto quello
delle istituzioni e delle magistrature, con le relative funzioni e competenze,
che tale patrimonio hanno prodotto: “la Direzione Generale degli Archivi di
Stato ha fatto proprio il programma già impostato dall'Ufficio Centrale degli
Archivi di Stato di impegnare tutti gli Archivi di Stato a compilare una Guida-inventario dei fondi archivistici conservati nei
singoli Istituti. Il programma di massima impostato in passato ha avuto
attuazione solo parziale ed episodica; infatti il
presupposto di un lavoro del genere, è che tutti i fondi archivistici siano
perfettamente ordinati ed inventariati, e tale condizione, per un complesso di
ragioni è ben lungi tuttora dal verificarsi, anche per la grave carenza di
personale (...) La compilazione di una guida-inventario (...) presuppone non
solo un lavoro archivistico di ordinamento e di inventariazione, ma altresì un
preventivo lavoro di ricerca storico-giuridica per
l'inquadramento delle singole magistrature nell'ordinamento costituzionale
degli Stati e delle Comunità preunitarie, nonché per
la indispensabile illustrazione delle competenze e del funzionamento delle
magistrature stesse. La Guida-inventario, pertanto,
deve essere il coronamento ed il punto d'arrivo di un remoto lavoro di
preparazione e non deve limitarsi alla pura e semplice elencazione di dati, ma
offrire anche un vasto quadro storico delle singole magistrature,
rigorosamente fondato sulla documentazione d'archivio”[iii].
In qualche misura, ad aprire la
strada verso una normalizzazione della descrizione
archivistica in Italia era stata la denuncia di Claudio Pavone e Filippo
Valenti del sostanziale fallimento del metodo storico, il quale
“...identificando troppo pretenziosamente e semplicisticamente la struttura degli
archivi con la storia delle istituzioni, ha finito col trascurane il valore
eminentemente formale e strumentale”.[iv]
Gli stessi criteri di impostazione della Guida generale[v], peraltro, non furono pienamente
condivisi da tutti gli archivisti, anche se di certo compresi nell’ottica della
realizzazione di quel quadro d’insieme da sempre desiderato. Il
Valenti, ad esempio, ritenne che “la scelta fatta (…) si sia rivelata
all’atto pratico l’unica in grado di rendere possibile la realizzazione
dell’impresa entro tempi ragionevoli.”[vi]
Allo stesso tempo, l’approccio storico-istituzionale più che archivistico della Guida
generale, le forzate cesure imposte dalle periodizzazioni,
la scelta del “fondo o archivio” quale livello base di descrizione, il
presupposto di una equivalenza di massima tra questi
due elementi, nella convinzione che “queste unità di base (...) fossero tali,
nel <<maggior numero dei casi>>, da potersi identificare col nome
di un determinato <<istituto produttore>>, o quanto meno di una
determinata funzione istituzionale”, furono alcune delle criticità emerse nel
dibattito apertosi intorno alla grande opera.
Queste ed altre riflessioni valgono
tuttora come premesse per qualunque approccio al patrimonio documentario degli
Archivi di Stato che aspiri ad essere sistematico e generale: si pensi ad
esempio alla consapevolezza della natura effimera delle magistrature preunitarie, spesso legata alle persone dei titolari e non
agli uffici, della loro frequente ambiguità istituzionale e territoriale, degli
interventi di archivisti settecenteschi e
ottocenteschi, delle secolari vicissitudini subite da carte e archivi, fatte di
concentrazioni e smembramenti per ragioni ora istituzionali ora
funzionali. Insomma, specie per l’ancien régime, sarebbe
difficile partire oggi dall’assunto che i “fondi o archivi”, che costituiscono
nella realtà una eccezione, possano essere l’unità di base della descrizione.
La piena coscienza raggiunta nel
corso di questi ultimi anni, parallelamente alle esperienze di
informatizzazione, dell’opportunità di descrivere separatamente la
struttura dei complessi documentari così come si sono sedimentati (le vicende
specificatamente archivistiche e i modi di organizzare la memoria di cui parla
Claudio Pavone), e dall’altra i soggetti produttori (le vicende storico
istituzionali), evidenziando i legami tra gli uni e gli altri con il rispetto
della complessità di queste relazioni, ha portato finalmente la comunità
archivistica internazionale ad elaborare e condividere norme descrittive, ormai
supportate dallo strumento informatico. In questo quadro,
l’avvento e la veloce diffusione del Web come canale di trasmissione delle
informazioni archivistiche non poteva non comportare trasformazioni rilevanti
anche nelle pratiche descrittive: “Produrre descrizioni archivistiche in
ambiente digitale e comunicarle attraverso Internet non è la medesima cosa che
farlo con i tradizionali supporti cartacei. Anche in questo, come in altri
casi, il mezzo condiziona fortemente la struttura e i contenuti delle
informazioni e spinge a riconsiderare le forme di organizzazione
delle conoscenze e le modalità di venirne in possesso”.[vii]
In questo rinnovato panorama, il modello non può che essere quello della
descrizione separata dei fondi e dei produttori.
Il processo di informatizzazione
delle attività delle pubbliche amministrazioni, avviatosi a partire dagli anni
’80, ha investito in maniera sporadica e parziale, con tempi e modalità
diverse, la realtà archivistica italiana. In particolare, le leggi speciali
emanate a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, attraverso finanziamenti
straordinari, hanno consentito ad alcuni Istituti di maturare significative esperienze nella creazione di basi informative
e nella riproduzione digitale di documenti. Se questo ha permesso la
realizzazione di progetti di eccellenza, la scarsità
però di risorse ordinarie ha impedito di perseguire una strategia di sviluppo
omogenea, di “pari opportunità” per tutti gli Istituti e ha rischiato anche di
minacciare la sopravvivenza di quanto era stato realizzato. Si trattava dunque
di trovare, specie per quegli Archivi che erano rimasti tagliati fuori dal processo di informatizzazione, uno strumento a
basso costo di sviluppo, implementazione e gestione, di facile utilizzo anche
da parte di operatori che non avevano avuto l’opportunità di cimentarsi con lo
strumento informatico, tanto duttile da rispondere alla molteplicità delle
esperienze conservative e descrittive del patrimonio nella variegata realtà
degli Archivi di Stato.
Tale strumento doveva essere in
grado allo stesso tempo di sostenere gli Archivi di Stato a colmare, seppur
sommariamente in prima battuta, le zone oscure di conoscenza del proprio
patrimonio, di recepire sia l’immenso patrimonio
inventariale redatto su supporti analogici che le banche dati inventariali nate
in tempi diversi su sistemi diversi. Diventava in questo contesto
un obiettivo strategico ottimizzare tempi, costi e risorse umane sfruttando
tutte le potenzialità insite nelle più avanzate tecnologie, nonché tutte le
esperienze più significative maturate nel settore. Del resto l’Amministrazione
archivistica, già qualche anno fa, aveva effettuato
una analisi delle esigenze informative proprie della sua missione
istituzionale. E’ da quel progetto, a suo tempo pubblicato sul
sito Archivi per
la più ampia diffusione e discussione[viii], che ha preso le mosse il SIAS.
Il progetto Sistema
Informativo degli Archivi di Stato[ix] - ha cercato di rispondere alle diverse
esigenze dell’Amministrazione nelle sue articolazioni e degli studiosi, sia
quelli che abitualmente frequentano le nostre sale di studio sia quelli
sempre più numerosi che sono ormai avvezzi ad effettuare
le proprie preliminari ricerche sul Web.
Per rispondere al primo obiettivo il
sistema si è basato su un’architettura interamente distribuita (cfr. fig. 1), così da permettere ad ogni Archivio di Stato, per
quanto piccolo, di dotarsi di un sistema informativo completo e indipendente,
completo di un software per l’immissione e la modifica dei dati, da quelli più
generali fino ai collegamenti tra le descrizioni inventariali e le immagini
digitali, e di un’interfaccia di consultazione dei dati locali tramite browser
Web. La configurazione per ogni istituto può andare da quella più semplice,
composta cioè da una sola stazione con duplice
funzione di client gestionale e di server
database, fino a reti di macchine basate sul modello client-server,
anche situate in più sedi, con privilegi differenziati per i vari operatori che
lavorano sulla stessa base di dati. Ogni Archivio, poi, quando lo ritiene opportuno
esporta per intero il proprio sistema di dati ad un centro di raccolta dati
nazionale, dove viene verificata la congruità tecnica
e formale delle informazioni, inoltrate poi verso un server Web che consenta
l’accesso ai dati di tutti gli istituti. In questo flusso convivono in modo
sicuro i dati riservati di funzione gestionale (quelli
sui depositi, sulla valutazione finanziaria, etc.) e i dati pubblici destinati
agli utenti esterni.
Per quanto riguarda le funzioni più
propriamente descrittive del SIAS, la scelta di operare su un’unica base
informativa articolata in moduli correlati è derivata, oltre che dal doveroso
rispetto degli standard descrittivi internazionali, dalla necessità di adeguare
lo strumento informatico al lavoro archivistico che, oltre che attività di
mediazione, è prima di tutto lavoro scientifico di analisi
e ricerca e, in quanto tale, richiede la massima flessibilità, non deve
comportare forzatura alcuna e deve fermarsi al grado di analiticità cui
effettivamente è pervenuto.
La flessibilità e semplicità del
Sistema Informativo degli Archivi di Stato deve
consentire, per essere efficace e applicabile ad un contesto così vario, la
rappresentazione di situazioni di concentrazione archivistica molto diverse in
quanto a dimensioni, complessità e condizioni di accesso. Il SIAS prevede
allora percorsi fluidi di ricerca attraverso informazioni strutturalmente
collegate che vanno dal generale al particolare, dalla descrizione
dell’Istituto e delle sedi di conservazione e di consultazione, alla
descrizione del complesso documentario nelle sue articolazioni
gerarchiche, e attraverso l’inventario fino all’unità minima di descrizione e
ancora all’immagine del singolo documento, nel caso in cui questo venga sottoposto a procedimento di riproduzione digitale
(cfr. fig. 2).
Per la rappresentazione del
patrimonio, in SIAS un modulo permette la descrizione qualitativa e
quantitativa dei complessi documentari, delineandone
in maniera completa il profilo e la strutturazione multi-livellare, cioè la rappresentazione
del fondo archivistico e delle sue suddivisioni. L’elaborazione delle schede
dei complessi documentari e delle loro relazioni mira in sostanza a metterne a
fuoco struttura e articolazione al fine di presentare
un quadro corretto e coerente dei sistemi documentari, risultato spesso di
dinamiche storiche molto complesse e travagliate. Le relazioni, ovviamente, non
sono solo finalizzate alla costruzione del classico albero rovesciato dei fondi
archivistici: come per i più evoluti sistemi informativi archivistici, è stata
prevista una gestione completamente separata delle descrizioni dei produttori,
prevedendo la connessione “molti a molti” con le descrizioni della
documentazione archivistica prodotta da ciascun soggetto all’opportuno livello
(fondo, serie, sottoserie ecc.). Il riferimento principale di tale
strutturazione è ovviamente lo standard ISAAR(CPF), 2a edizione[x], la cui piena acquisizione nella
comunità archivistica italiana come strumento-base può avvalersi, crediamo,
anche dell’uso diffuso del software SIAS.
Inoltre, a ciascun livello
dell’albero dei complessi documentari deve essere effettuato
il collegamento con la scheda descrittiva del relativo strumento di ricerca, se
esistente. Il modulo “strumenti di ricerca” è stato pensato per fornire
informazioni sull’accesso ai fondi archivistici,
pertanto non per inventariare ma per descrivere bibliograficamente
il patrimonio dei mezzi di corredo al patrimonio archivistico statale, dagli
elenchi di versamento alle banche dati elettroniche, dagli indici ottocenteschi
agli inventari analitici manoscritti o editi. Le informazioni sul patrimonio
degli strumenti di ricerca risultano necessarie oltre
che per offrire agli utenti la possibilità di progettare con efficacia tempi e
modi delle proprie ricerche, per consentire finalmente all’Amministrazione una
programmazione efficace degli interventi di riordinamento e di inventariazione.
Il modulo “strumenti di ricerca” svolge inoltre la funzione di mediazione per
l’accesso al vero e proprio inventario digitale, che può essere recuperato nel
Sistema con diverse modalità, se già disponibile:
attraverso la scansione ottica e la gestione tramite XML (nel caso ad esempio
degli inventari a stampa) oppure attraverso apposite procedure di importazione
e conversione nel caso di banche dati, o che può infine essere redatto ex
novo sugli appositi moduli predisposti nell’ambito del progetto. Come già
accennato, il progetto si basa sul presupposto che solo tramite la descrizione
inventariale debba essere offerta agli utenti la consultazione del documento,
anche in forma di immagine digitale. Le banche dati
immagini, infatti, devono essere strutturalmente integrate nel sistema
informativo, al fine di evitare lo sviluppo di risorse parallele che potrebbero
comportare reiterazione di contenuti informativi e la perdita dei legami
strutturali di contesto, oltre che evidenti
duplicazioni di costi di gestione e di sviluppo evolutivo.
La descrizione archivistica separata
ha il pregio di ottenere una pluralità di risultati attraverso
l’implementazione di un’unica base di dati. Il beneficio che ne deriva è che le
informazioni non vengono mai reiterate, i legami
strutturali interni non vengono mai dispersi, le informazioni e i loro legami
possono essere facilmente modificati consentendo di mantenere il sistema
costantemente allineato al livello di conoscenza della sedimentazione
documentaria e della storia istituzionale.
Per quanto riguarda le funzioni gestionali, altro obiettivo del progetto SIAS, il sistema
prevede l’immissione delle informazioni relative alle sedi di conservazione e
di consultazione, alla consistenza in termini di unità e di metri lineari, alla
collocazione topografica dei fondi archivistici. Questo consente
all’Amministrazione di conoscere dove ciascun fondo è allocato, se nella sede
principale o sussidiaria o in depositi privi di sala di consultazione, e quanti
metri lineari di scaffalatura occupa. Il SIAS permette
inoltre di costituire un vero e proprio registro di presa in carico delle nuove
accessioni e consente di attribuire la valutazione economica del patrimonio
secondo le modalità previste dalle recenti norme
emanate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze[xi].
Il modulo dedicato alle nuove acquisizioni permette con un’unica procedura di
gestire il registro di presa in carico del materiale archivistico, di
aggiornare i valori quantitativi e patrimoniali dei complessi documentari, ma
anche la descrizione qualitativa, modificando i dati relativi
a un fondo/serie già conservato oppure con l’inserimento di un nuovo
complesso documentario nel giusto nodo dell’albero rovesciato.
Per quanto riguarda infine
l’adesione del SIAS agli standard descrittivi e tecnologici, i dati e i
metadati, implementati sul motore DBMS gratuito Microsoft SQLServer,
sono formalizzati in linguaggio XML per garantire interoperabilità, esportabilità e importabilità; il
sistema di trasmissione e sincronizzazione dei metadati nel flusso tra server
locali e server centrale, in corso di sviluppo, è
basato sul protocollo OAI (Open Archive Initiative); attraverso la definizione di un numero di
codice univoco per ciascuna unità informativa il SIAS è aperto alla
condivisione di dati con qualsiasi progetto di rete, portale, o gateway nazionale e internazionale; l’interfaccia Web, che
comprende la marcatura delle pagine attraverso il set di metadati Dublin Core, è stata progettata secondo le linee guida
definite dal progetto europeo MINERVA per garantirne la qualità complessiva e
la massima accessibilità. Viene inoltre offerta agli
utenti Web la possibilità di definire segnalibri, salvando le ricerche
volta per volta effettuate direttamente sul server.
Un progetto informatico ha
probabilità di successo se riesce in breve tempo ad essere implementato e
distribuito per l’uso, lasciando al tempo stesso aperti i necessari margini di aggiornamento, di adeguamento tecnologico e scientifico e
di cooperazione con altri sistemi.
Il progetto del SIAS è stato varato
all’inizio del 2003; nel mese di aprile il prototipo
del software era stato sviluppato.[xii] Malgrado l’accurata analisi e i
buoni esempi cui ispirarsi, solo gli archivisti che avrebbero utilizzato il
programma potevano dire se il progetto rispondeva alle loro reali esigenze e se
e in che misura aveva raggiunto i molteplici obiettivi fissati. E’ stato così
proposto di testare il programma ai direttori degli Archivi di Stato della
Sicilia e della Liguria, due regioni, loro malgrado, appena sfiorate dal
processo di informatizzazione. D’altra parte i
numerosi progetti informatici proposti alla Direzione Generale, nonché le esperienze realizzate pur con scarsissimi mezzi,
ne facevano il terreno ideale per la prima sperimentazione del programma.
Nell’aprile del 2004 era stata
portata a conclusione la prima fase del progetto, con l’inserimento dei dati
informativi relativi al patrimonio documentario e ai relativi strumenti di
ricerca, dati in corso di revisione definitiva e che
saranno fra breve resi pubblici sul Web. E’ stato grazie ai numerosissimi
piccoli e grandi suggerimenti degli Archivi-pilota e
alle loro puntuali osservazioni che è stata varata
l’ormai consolidata versione del software. Nel settembre di quello stesso 2004
erano già 25 gli Archivi di Stato impegnati nel progetto (si era aggiunto infatti il Piemonte, oltre a Venezia, Massa Carrara e
Pavia); altri 65 Archivi di Stato, dopo aver partecipato ai seminari di
formazione ed essersi dotati dei necessari strumenti hardware e software, sono
ora in attività sulla versione 3.1 del software, che comprende anche i primi
tre moduli inventariali. Infatti, sono compresi nell’attuale versione del
software, oltre ai moduli per la descrizione “alta” del sistema documentario
dei singoli Archivi di Stato, dei loro strumenti di accesso
e dei soggetti produttori, anche tre moduli per l’inventariazione vera e
propria, i cui manuali d’uso sono in corso di diffusione: inventario-base,
pergamene, e sigilli. Sono in corso di analisi e
progettazione altri moduli nell’ambito del progetto SIAS: un modulo di
gestione per le Sale di Studio, un modulo per la descrizione degli archivi
notarili e un modulo per la descrizione di cartografia e mappe catastali.
In questo primo anno di
sperimentazione sono state formalizzate, ovviamente, anche le “istruzioni per
l’uso”. Sono stati infatti prodotti e diffusi
attraverso il sito intranet dell’amministrazione archivistica un Manuale
d’uso del programma gestionale[xiii], vero e proprio help all’uso del
software, redatto però da archivisti e non da informatici e soprattutto le Linee
guida alla descrizione e gestione del patrimonio documentario, che oltre a
sostenere gli utenti nell’uso del software, guidano nell’applicazione delle
norme ISAD(G), ISAAR(CPF) e di quelle redazionali della Guida Generale, ponendo
l’accento sul rigore della qualità informativa dei dati anche nella loro
rappresentazione formale[xiv].
Il SIAS è stato realizzato quando le
risorse economiche erano esigue all’insegna della massima austerità,
prevedendone quindi una sostenibilità futura da parte degli Archivi anche in
tempi di “vacche magre”. Attualmente una legge
speciale, la 291/2003, ha concesso per un triennio risorse straordinarie che
consentiranno da una parte di adeguare alle necessità dell’Amministrazione le
dotazioni hardware e le infrastrutture di rete, dall’altra finalmente di
avviare un progetto di ampio respiro, quello cioè del Sistema Archivistico
Nazionale, che si configurerà come un portale di accesso e di integrazione
delle risorse informative relative a tutto il patrimonio documentario
nazionale, chiunque ne sia il soggetto conservatore. L’obiettivo infatti è anche quello di integrare tutti i progetti di
eccellenza già realizzati, sia dall’Amministrazione centrale, sia degli
Istituti archivistici, sia realizzati dall’Amministrazione in collaborazione
con altri Enti, sia quelli realizzati all’esterno dell’Amministrazione da altri
soggetti.
Roma, giugno 2004
figura 1 – l’architettura del SIAS
figura 2 – la struttura dati di un SIAS d’istituto
[i] I verbali del Consiglio superiore, conservati presso l'Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell'interno, Direzione generale degli Archivi di Stato, Consiglio superiore degli archivi, voll. 1-16, sono stati interamente pubblicati in formato digitale sul portale ARCHIVI, all’indirizzo: http://wwwdb.archivi.beniculturali.it/consiglio/ . Nella seduta del 2 dicembre 1895 del Consiglio, si discuteva dell’”inventario unico” e della possibilità di adottare un modello-tipo di descrizione inventariale: “... si potrebbero incominciare, serie per serie completa, i singoli inventari a tipo unico (preferibilmente quello seguito dal Bongi per l’A.S. di Lucca), in modo da preparare il materiale per la futura pubblicazione dell’inventario generale ...” (Verbale dell’adunanza n. 142)
[ii] Nella seduta del 3 marzo 1881 del Consiglio Superiore degli Archivi, cit., il consigliere Domenico Carutti sosteneva che “. . . ogni Archivio deve nell’ordinamento e nella classificazione tenere norme comparate alla diversa natura delle carte possedute, onde, se si statuissero regole generali ed uniformi si verrebbe a far male anziché bene”, mentre il presidente, Cesare Correnti, “... parla dell’opportunità di accertare in modo preciso come venga nei diversi Archivi conservato il deposito dei documenti e degli atti alle loro cure affidato, quale ne sia il presente stato di ordinamento, e quanto possa rimanere da fare per ricondurre dappertutto sulla via più soddisfacente questo importantissimo servizio” (Verbale dell’adunanza n. 55).
[iii] Consiglio Superiore degli Archivi, verbale dell’adunanza n. 252 del 12 aprile 1965, ibidem.
[iv] F.Valenti, Parliamo ancora di archivistica (Rassegna degli Archivi di Stato, 1975) ora riedito in Scritti e lezioni di archivistica, diplomatica e storia istituzionale , a cura di D.Grana, Roma, Direzione Generale per gli Archivi, 2000, pp.
[v] Sullo stato dell’arte della Guida Generale in versione digitale e in particolare sui “repertori delle magistrature uniformi”, ai quali la comunità archivistica nazionale è particolarmente interessata cfr. P.Carucci, Sistema Guida Generale degli Archivi di Stato italiani, in “Archivi & Computer” a. XIV, fasc. 2/04, pp. 52-63, in part. pp. 57-58.
[vi] F. Valenti, Nozioni di base per un’archivistica come euristica delle fonti documentarie, in Scritti e lezioni…, cit., p.213
[vii] S. Vitali, Passato digitale. Le fonti dello storico nell’era del computer, Milano 2004, pp. 75-76.
[viii] P. Feliciati, L’amministrazione archivistica italiana sul Web: storia di un portale culturale pubblico, in “Archivi e Computer”, a. XII, fasc. 3/02, pp. 20-33, in part. pp. 25-26.
[ix] Cfr. anche D. Grana, Il Sistema Informativo degli Archivi di Stato, in “Archivi & Computer” a. XIV, fasc. 2/04, pp. 78-84.
[x] In ISAAR(CPF), Struttura e uso dello standard, si chiarisce il senso di tale connessione: “Questo standard è concepito per essere usato in unione a ISAD(G) – General International Standard Archival Description, seconda edizione e a standard nazionali di descrizione archivistica. Quando questi standard sono utilizzati insieme nel contesto di un sistema di descrizioni archivistiche o di una rete, i record d’autorità dovranno essere collegati alla descrizione degli archivi e viceversa”. ISAAR(CPF): Standard internazionale per i record d’autorità archivistici di enti, persone, famiglie, traduzione italiana di International Standard Archival Authority Records for Corporate Bodies, Persons and Families, seconda edizione, 2004, traduzione italiana di Stefano Vitali, in "Rassegna degli Archivi di Stato", 2003, pp. pp. 191-333, e in <http://www.anai.org/attivita/N_isaar/Isaar_Italia_versione_corretta_2.pdf>.
[xi] Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, 18 aprile 2002 e Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze, 12 marzo 2003, n.13.
[xii] Il software, i cui sorgenti sono ora di
proprietà dell’Amministrazione, è stato sviluppato dalla società Softeamware s.r.l. di Firenze.
[xiii]
SIAS - Sistema Informativo degli Archivi di Stato, Guida all’utilizzo del
programma gestionale versione 3.02, a cura di P. Feliciati e M. Prencipe, Direzione Generale per gli Archivi, agosto
2004.
[xiv] SIAS - Sistema Informativo degli Archivi di Stato, Linee guida alla descrizione e alla gestione del patrimonio documentario, a cura di P. Feliciati, con la collaborazione di M. Principe e un’introduzione di D. Grana, Direzione Generale per gli Archivi, seconda versione, agosto 2004.