Dal labirinto alla piazza. Il progetto Sistema Informativo degli Archivi di Stato

Pierluigi Feliciati - Daniela Grana

Direzione Generale per gli Archivi


Questo contributo è stato pubblicato in Scrinia, a. II, n. 2-3 (luglio/novembre 2005), pp. 9-18

 

Il SIAS nasce dall’esigenza, da sempre sentita dall’Amministrazione archivistica, di poter disporre di uno strumento di informazione, costantemente aggiornato, sulla consistenza qualitativa e quantitativa del patrimonio documentario, conservato a qualsiasi titolo negli Archivi di Stato e sul relativo stato di ordinamento e di inventariazione.

 A scorrere i verbali del Consiglio superiore degli Archivi[i], che fu il supremo organo di governo dell’Amministrazione dal 1874 al 1976, si può constatare come per tutto l’arco della sua esistenza fu costante preoccupazione di quell’organo promuovere una politica di riordinamento, di inventariazione e di fruizione del patrimonio conservato. Tale obiettivo, proprio della missione istituzionale degli Archivi, risultava tuttavia difficilmente perseguibile sia per la inadeguatezza delle risorse umane e finanziarie, sia per la mancanza di idonei strumenti a supporto dell’attività di programmazione degli interventi. A ciò sono da aggiungere le difficoltà proprie della descrizione archivistica, che hanno per lungo tempo impedito la formalizzazione di regole di descrizione, tanto per gli strumenti di ricerca a corredo dei singoli fondi o serie, quanto per la creazione di un inventario generale della consistenza e della presa in carico del patrimonio. Tant’è che gli Archivi sono stati, sinora, l’unico settore del Ministero per i beni e le attività culturali privo di tale strumento.

Per molti decenni i membri del Consiglio – e tutta la comunità degli archivisti – continuarono da una parte a richiedere l’emanazione di norme di descrizione, dall’altra ad interrogarsi “sull’estensione e sulla forma da dare agli inventari”. Era lo stesso metodo storico, a conti fatti, che frenava la definizione di regole generali, col sottolineare la qualità di unicum per ogni archivio, considerato quasi una categoria dello spirito[ii]. Opinione questa portata alle estreme conseguenze dal Cencetti nel 1939 ne Il fondamento teorico della dottrina archivistica: “Non esiste un problema del metodo di ordinamento... ogni archivio ha il suo ordinamento; [per cui] si dovrà risolvere ogni volta un problema particolare”.

Sarà finalmente la Guida generale degli Archivi di Stato, alla fine degli anni ’60 del XX secolo, a realizzare non solo l’obiettivo di offrire il panorama del patrimonio conservato dagli Archivi di Stato, ma anche e soprattutto quello delle istituzioni e delle magistrature, con le relative funzioni e competenze, che tale patrimonio hanno prodotto: “la Direzione Generale degli Archivi di Stato ha fatto proprio il programma già impostato dall'Ufficio Centrale degli Archivi di Stato di impegnare tutti gli Archivi di Stato a compilare una Guida-inventario dei fondi archivistici conservati nei singoli Istituti. Il programma di massima impostato in passato ha avuto attuazione solo parziale ed episodica; infatti il presupposto di un lavoro del genere, è che tutti i fondi archivistici siano perfettamente ordinati ed inventariati, e tale condizione, per un complesso di ragioni è ben lungi tuttora dal verificarsi, anche per la grave carenza di personale (...) La compilazione di una guida-inventario (...) presuppone non solo un lavoro archivistico di ordinamento e di inventariazione, ma altresì un preventivo lavoro di ricerca storico-giuridica per l'inquadramento delle singole magistrature nell'ordinamento costituzionale degli Stati e delle Comunità preunitarie, nonché per la indispensabile illustrazione delle competenze e del funzionamento delle magistrature stesse. La Guida-inventario, pertanto, deve essere il coronamento ed il punto d'arrivo di un remoto lavoro di preparazione e non deve limitarsi alla pura e semplice elencazione di dati, ma offrire anche un vasto quadro storico delle singole  magistrature, rigorosamente fondato sulla documentazione d'archivio”[iii].

In qualche misura, ad aprire la strada verso una normalizzazione della descrizione archivistica in Italia era stata la denuncia di Claudio Pavone e Filippo Valenti del sostanziale fallimento del metodo storico, il quale “...identificando troppo pretenziosamente e semplicisticamente la struttura degli archivi con la storia delle istituzioni, ha finito col trascurane il valore eminentemente formale e strumentale”.[iv]

 Gli stessi criteri di impostazione della Guida generale[v], peraltro, non furono pienamente condivisi da tutti gli archivisti, anche se di certo compresi nell’ottica della realizzazione di quel quadro d’insieme da sempre desiderato. Il Valenti, ad esempio, ritenne che “la scelta fatta (…) si sia rivelata all’atto pratico l’unica in grado di rendere possibile la realizzazione dell’impresa entro tempi ragionevoli.”[vi]

Allo stesso tempo, l’approccio storico-istituzionale più che archivistico della Guida generale, le forzate cesure imposte dalle periodizzazioni, la scelta del “fondo o archivio” quale livello base di descrizione, il presupposto di una equivalenza di massima tra questi due elementi, nella convinzione che “queste unità di base (...) fossero tali, nel <<maggior numero dei casi>>, da potersi identificare col nome di un determinato <<istituto produttore>>, o quanto meno di una determinata funzione istituzionale”, furono alcune delle criticità emerse nel dibattito apertosi intorno alla grande opera.

Queste ed altre riflessioni valgono tuttora come premesse per qualunque approccio al patrimonio documentario degli Archivi di Stato che aspiri ad essere sistematico e generale: si pensi ad esempio alla consapevolezza della natura effimera delle magistrature preunitarie, spesso legata alle persone dei titolari e non agli uffici, della loro frequente ambiguità istituzionale e territoriale, degli interventi di archivisti settecenteschi e ottocenteschi, delle secolari vicissitudini subite da carte e archivi, fatte di concentrazioni e smembramenti per ragioni ora istituzionali ora  funzionali.  Insomma, specie per l’ancien régime,  sarebbe difficile partire oggi dall’assunto che i “fondi o archivi”, che costituiscono nella realtà una eccezione, possano essere l’unità di base della descrizione.

La piena coscienza raggiunta nel corso di questi ultimi anni, parallelamente alle esperienze di informatizzazione, dell’opportunità di descrivere separatamente la struttura dei complessi documentari così come si sono sedimentati (le vicende specificatamente archivistiche e i modi di organizzare la memoria di cui parla Claudio Pavone), e dall’altra i soggetti produttori (le vicende storico istituzionali), evidenziando i legami tra gli uni e gli altri con il rispetto della complessità di queste relazioni, ha portato finalmente la comunità archivistica internazionale ad elaborare e condividere norme descrittive, ormai supportate dallo strumento informatico. In questo quadro,  l’avvento e la veloce diffusione del Web come canale di trasmissione delle informazioni archivistiche non poteva non comportare trasformazioni rilevanti anche nelle pratiche descrittive: “Produrre descrizioni archivistiche in ambiente digitale e comunicarle attraverso Internet non è la medesima cosa che farlo con i tradizionali supporti cartacei. Anche in questo, come in altri casi, il mezzo condiziona fortemente la struttura e i contenuti delle informazioni e spinge a riconsiderare le forme di organizzazione delle conoscenze e le modalità di venirne in possesso”.[vii] In questo rinnovato panorama, il modello non può che essere quello della descrizione separata dei fondi e dei produttori.

Il processo di informatizzazione delle attività delle pubbliche amministrazioni, avviatosi a partire dagli anni ’80, ha investito in maniera sporadica e parziale, con tempi e modalità diverse, la realtà archivistica italiana. In particolare, le leggi speciali emanate a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, attraverso finanziamenti straordinari, hanno consentito ad alcuni Istituti di maturare significative esperienze nella creazione di basi informative e nella riproduzione digitale di documenti. Se questo ha permesso la realizzazione di progetti di eccellenza, la scarsità però di risorse ordinarie ha impedito di perseguire una strategia di sviluppo omogenea, di “pari opportunità” per tutti gli Istituti e ha rischiato anche di minacciare la sopravvivenza di quanto era stato realizzato. Si trattava dunque di trovare, specie per quegli Archivi che erano rimasti tagliati fuori dal processo di informatizzazione, uno strumento a basso costo di sviluppo, implementazione e gestione, di facile utilizzo anche da parte di operatori che non avevano avuto l’opportunità di cimentarsi con lo strumento informatico, tanto duttile da rispondere alla molteplicità delle esperienze conservative e descrittive del patrimonio nella variegata realtà degli Archivi di Stato.

Tale strumento doveva essere in grado allo stesso tempo di sostenere gli Archivi di Stato a colmare, seppur sommariamente in prima battuta, le zone oscure di conoscenza del proprio patrimonio, di recepire sia l’immenso patrimonio inventariale redatto su supporti analogici che le banche dati inventariali nate in tempi diversi su sistemi diversi. Diventava in questo contesto un obiettivo strategico ottimizzare tempi, costi e risorse umane sfruttando tutte le potenzialità insite nelle più avanzate tecnologie, nonché tutte le esperienze più significative maturate nel settore. Del resto l’Amministrazione archivistica, già qualche anno fa, aveva effettuato una analisi delle esigenze informative proprie della sua missione istituzionale. E’ da quel progetto, a suo tempo pubblicato sul sito Archivi per la più ampia diffusione e discussione[viii],  che ha preso le mosse il SIAS.

 Il progetto Sistema Informativo degli Archivi di Stato[ix] - ha cercato di rispondere alle diverse esigenze dell’Amministrazione nelle sue articolazioni e degli studiosi, sia quelli che abitualmente frequentano le nostre  sale di studio sia quelli sempre più numerosi che sono ormai avvezzi ad effettuare le proprie preliminari ricerche sul Web.

Per rispondere al primo obiettivo il sistema si è basato su un’architettura interamente distribuita (cfr. fig. 1), così da permettere ad ogni Archivio di Stato, per quanto piccolo, di dotarsi di un sistema informativo completo e indipendente, completo di un software per l’immissione e la modifica dei dati, da quelli più generali fino ai collegamenti tra le descrizioni inventariali e le immagini digitali, e di un’interfaccia di consultazione dei dati locali tramite browser Web. La configurazione per ogni istituto può andare da quella più semplice, composta cioè da una sola stazione con duplice funzione di client gestionale e di server database,  fino a reti di macchine basate sul modello client-server, anche situate in più sedi, con privilegi differenziati per i vari operatori che lavorano sulla stessa base di dati. Ogni Archivio, poi, quando lo ritiene opportuno esporta per intero il proprio sistema di dati ad un centro di raccolta dati nazionale, dove viene verificata la congruità tecnica e formale delle informazioni, inoltrate poi verso un server Web che consenta l’accesso ai dati di tutti gli istituti. In questo flusso convivono in modo sicuro i dati riservati di funzione gestionale (quelli sui depositi, sulla valutazione finanziaria, etc.) e i dati pubblici destinati agli utenti esterni.

Per quanto riguarda le funzioni più propriamente descrittive del SIAS, la scelta di operare su un’unica base informativa articolata in moduli correlati è derivata, oltre che dal doveroso rispetto degli standard descrittivi internazionali, dalla necessità di adeguare lo strumento informatico al lavoro archivistico che, oltre che attività di mediazione, è prima di tutto lavoro scientifico di analisi e ricerca e, in quanto tale, richiede la massima flessibilità, non deve comportare forzatura alcuna e deve fermarsi al grado di analiticità cui effettivamente è pervenuto.

La flessibilità e semplicità del Sistema Informativo degli Archivi di Stato deve consentire, per essere efficace e applicabile ad un contesto così vario, la rappresentazione di situazioni di concentrazione archivistica molto diverse in quanto a dimensioni, complessità e condizioni di accesso. Il SIAS prevede allora percorsi fluidi di ricerca attraverso informazioni strutturalmente collegate che vanno dal generale al particolare, dalla descrizione dell’Istituto e delle sedi di conservazione e di consultazione, alla descrizione del  complesso documentario nelle sue articolazioni gerarchiche, e attraverso l’inventario fino all’unità minima di descrizione e ancora all’immagine del singolo documento, nel caso in cui questo venga sottoposto a procedimento di riproduzione digitale (cfr. fig. 2).

Per la rappresentazione del patrimonio, in SIAS un modulo permette la descrizione qualitativa e quantitativa dei complessi documentari, delineandone in maniera completa il profilo e la strutturazione multi-livellare, cioè la rappresentazione del fondo archivistico e delle sue suddivisioni. L’elaborazione delle schede dei complessi documentari e delle loro relazioni mira in sostanza a metterne a fuoco struttura e articolazione al fine di presentare un quadro corretto e coerente dei sistemi documentari, risultato spesso di dinamiche storiche molto complesse e travagliate. Le relazioni, ovviamente, non sono solo finalizzate alla costruzione del classico albero rovesciato dei fondi archivistici: come per i più evoluti sistemi informativi archivistici, è stata prevista una gestione completamente separata delle descrizioni dei produttori, prevedendo la connessione “molti a molti” con le descrizioni della documentazione archivistica prodotta da ciascun soggetto all’opportuno livello (fondo, serie, sottoserie ecc.). Il riferimento principale di tale strutturazione è ovviamente lo standard ISAAR(CPF), 2a edizione[x], la cui piena acquisizione nella comunità archivistica italiana come strumento-base può avvalersi, crediamo, anche dell’uso diffuso del software SIAS.

Inoltre, a ciascun livello dell’albero dei complessi documentari deve essere effettuato il collegamento con la scheda descrittiva del relativo strumento di ricerca, se esistente. Il modulo “strumenti di ricerca” è stato pensato per fornire informazioni sull’accesso ai fondi archivistici,  pertanto non per inventariare ma per descrivere bibliograficamente il patrimonio dei mezzi di corredo al patrimonio archivistico statale, dagli elenchi di versamento alle banche dati elettroniche, dagli indici ottocenteschi agli inventari analitici manoscritti o editi. Le informazioni sul patrimonio degli strumenti di ricerca risultano necessarie oltre che per offrire agli utenti la possibilità di progettare con efficacia tempi e modi delle proprie ricerche, per consentire finalmente all’Amministrazione una programmazione efficace degli interventi di riordinamento e di inventariazione. Il modulo “strumenti di ricerca” svolge inoltre la funzione di mediazione per l’accesso al vero e proprio inventario digitale, che può essere recuperato nel Sistema con diverse modalità, se già disponibile: attraverso la scansione ottica e la gestione tramite XML (nel caso ad esempio degli inventari a stampa) oppure attraverso apposite procedure di importazione e conversione nel caso di banche dati, o che può infine essere redatto ex novo sugli appositi moduli predisposti nell’ambito del progetto. Come già accennato, il progetto si basa sul presupposto che solo tramite la descrizione inventariale debba essere offerta agli utenti la consultazione del documento, anche in forma di immagine digitale. Le banche dati immagini, infatti, devono essere strutturalmente integrate nel sistema informativo, al fine di evitare lo sviluppo di risorse parallele che potrebbero comportare reiterazione di contenuti informativi e la perdita dei legami strutturali di contesto, oltre che evidenti duplicazioni di costi di gestione e di sviluppo evolutivo.

La descrizione archivistica separata ha il pregio di ottenere una pluralità di risultati  attraverso l’implementazione di un’unica base di dati. Il beneficio che ne deriva è che le informazioni non vengono mai reiterate, i legami strutturali interni non vengono mai dispersi, le informazioni e i loro legami possono essere facilmente modificati consentendo di mantenere il sistema costantemente allineato al livello di conoscenza della sedimentazione documentaria e della storia istituzionale.

Per quanto riguarda le funzioni gestionali, altro obiettivo del progetto SIAS, il sistema prevede l’immissione delle informazioni relative alle sedi di conservazione e di consultazione, alla consistenza in termini di unità e di metri lineari, alla collocazione topografica dei fondi archivistici. Questo consente all’Amministrazione di conoscere dove ciascun fondo è allocato, se nella sede principale o sussidiaria o in depositi privi di sala di consultazione, e quanti metri lineari di scaffalatura occupa. Il SIAS permette inoltre di costituire un vero e proprio registro di presa in carico delle nuove accessioni e consente di attribuire la valutazione economica del patrimonio secondo le modalità previste dalle recenti norme emanate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze[xi]. Il modulo dedicato alle nuove acquisizioni permette con un’unica procedura di gestire il registro di presa in carico del materiale archivistico, di aggiornare i valori quantitativi e patrimoniali dei complessi documentari, ma anche la descrizione qualitativa, modificando i dati relativi a un fondo/serie già conservato oppure con l’inserimento di un nuovo complesso documentario nel giusto nodo dell’albero rovesciato.

Per quanto riguarda infine l’adesione del SIAS agli standard descrittivi e tecnologici, i dati e i metadati, implementati sul motore DBMS gratuito Microsoft SQLServer, sono formalizzati in linguaggio XML per garantire interoperabilità, esportabilità e importabilità; il sistema di trasmissione e sincronizzazione dei metadati nel flusso tra server locali e server centrale, in corso di sviluppo, è basato sul protocollo OAI (Open Archive Initiative); attraverso la definizione di un numero di codice univoco per ciascuna unità informativa il SIAS è aperto alla condivisione di dati con qualsiasi progetto di rete, portale, o gateway nazionale e internazionale; l’interfaccia Web, che comprende la marcatura delle pagine attraverso il set di metadati Dublin Core, è stata progettata secondo le linee guida definite dal progetto europeo MINERVA per garantirne la qualità complessiva e la massima accessibilità. Viene inoltre offerta agli utenti Web  la possibilità di definire segnalibri, salvando le ricerche volta per volta effettuate direttamente sul server.

 

Un progetto informatico ha probabilità di successo se riesce in breve tempo ad essere implementato e distribuito per l’uso, lasciando al tempo stesso aperti i necessari margini di aggiornamento, di adeguamento tecnologico e scientifico e di cooperazione con altri sistemi.

Il progetto del SIAS è stato varato all’inizio del 2003; nel mese di aprile il prototipo del software era stato sviluppato.[xii]  Malgrado l’accurata analisi e i buoni esempi cui ispirarsi, solo gli archivisti che avrebbero utilizzato il programma potevano dire se il progetto rispondeva alle loro reali esigenze e se e in che misura aveva raggiunto i molteplici obiettivi fissati. E’ stato così proposto di testare il programma ai direttori degli Archivi di Stato della Sicilia e della Liguria, due regioni, loro malgrado, appena sfiorate dal processo di informatizzazione. D’altra parte i numerosi progetti informatici proposti alla Direzione Generale, nonché le esperienze realizzate pur con scarsissimi mezzi, ne facevano il terreno ideale per la prima sperimentazione del programma.

Nell’aprile del 2004 era stata portata a conclusione la prima fase del progetto, con l’inserimento dei dati informativi relativi al patrimonio documentario e ai relativi strumenti di ricerca, dati in corso di revisione definitiva e che saranno fra breve resi pubblici sul Web. E’ stato grazie ai numerosissimi piccoli e grandi suggerimenti degli Archivi-pilota e alle loro puntuali osservazioni che è stata varata l’ormai consolidata versione del software. Nel settembre di quello stesso 2004 erano già 25 gli Archivi di Stato impegnati nel progetto (si era aggiunto infatti il Piemonte, oltre a  Venezia, Massa Carrara e Pavia); altri 65 Archivi di Stato, dopo aver partecipato ai seminari di formazione ed essersi dotati dei necessari strumenti hardware e software, sono ora in attività sulla versione 3.1 del software, che comprende anche i primi tre moduli inventariali. Infatti, sono compresi nell’attuale versione del software, oltre ai moduli per la descrizione “alta” del sistema documentario dei singoli Archivi di Stato, dei loro strumenti di accesso e dei soggetti produttori, anche tre moduli per l’inventariazione vera e propria, i cui manuali d’uso sono in corso di diffusione: inventario-base, pergamene, e sigilli. Sono in corso di analisi e progettazione altri moduli nell’ambito del  progetto SIAS: un modulo di gestione per le Sale di Studio, un modulo per la descrizione degli archivi notarili e un modulo per la descrizione di cartografia e mappe catastali.

In questo primo anno di sperimentazione sono state formalizzate, ovviamente, anche le “istruzioni per l’uso”. Sono stati infatti prodotti e diffusi attraverso il sito intranet dell’amministrazione archivistica un Manuale d’uso del programma gestionale[xiii], vero e proprio help all’uso del software, redatto però da archivisti e non da informatici e soprattutto le Linee guida alla descrizione e gestione del patrimonio documentario, che oltre a sostenere gli utenti nell’uso del software, guidano nell’applicazione delle norme ISAD(G), ISAAR(CPF) e di quelle redazionali della Guida Generale, ponendo l’accento sul rigore della qualità informativa dei dati anche nella loro rappresentazione formale[xiv].

Il SIAS è stato realizzato quando le risorse economiche erano esigue all’insegna della massima austerità, prevedendone quindi una sostenibilità futura da parte degli Archivi anche in tempi di “vacche magre”. Attualmente una legge speciale, la 291/2003, ha concesso per un triennio risorse straordinarie che consentiranno da una parte di adeguare alle necessità dell’Amministrazione le dotazioni hardware e le infrastrutture di rete, dall’altra finalmente  di avviare un progetto di ampio respiro, quello cioè del Sistema Archivistico Nazionale, che si configurerà come un portale di accesso e di integrazione delle risorse informative relative a tutto il patrimonio documentario nazionale, chiunque ne sia il soggetto conservatore. L’obiettivo infatti è anche quello di integrare tutti i progetti di eccellenza già realizzati, sia dall’Amministrazione centrale, sia degli Istituti archivistici, sia realizzati dall’Amministrazione in collaborazione con altri Enti, sia quelli realizzati all’esterno dell’Amministrazione da altri soggetti.

 Roma, giugno 2004

 


FIGURA 1 - l'architettura di SIAS

figura 1 – l’architettura del SIAS

 

FIGURA 2 - la struttura di un SIAS

figura 2 – la struttura dati di un SIAS d’istituto



[i] I verbali del Consiglio superiore, conservati presso l'Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell'interno, Direzione generale degli Archivi di Stato, Consiglio superiore degli archivi, voll. 1-16, sono stati interamente pubblicati in formato digitale sul portale ARCHIVI, all’indirizzo: http://wwwdb.archivi.beniculturali.it/consiglio/ . Nella seduta del 2 dicembre 1895 del Consiglio, si discuteva dell’”inventario unico” e della possibilità di adottare un modello-tipo di descrizione inventariale: “... si potrebbero incominciare, serie per serie completa, i singoli inventari a tipo unico (preferibilmente quello seguito dal Bongi per l’A.S. di Lucca), in modo da preparare il materiale per la futura pubblicazione dell’inventario generale ...” (Verbale dell’adunanza n. 142)

[ii] Nella seduta del 3 marzo 1881 del Consiglio Superiore degli Archivi, cit., il consigliere Domenico Carutti sosteneva che “. . . ogni Archivio deve nell’ordinamento e nella classificazione tenere norme comparate alla diversa natura delle carte possedute, onde, se si statuissero regole generali ed uniformi si verrebbe a far male anziché bene”, mentre il presidente, Cesare Correnti, “... parla dell’opportunità di accertare in modo preciso come venga nei diversi Archivi conservato il deposito dei documenti e degli atti alle loro cure affidato, quale ne sia il presente stato di ordinamento, e quanto possa rimanere da fare per ricondurre dappertutto sulla via più soddisfacente questo importantissimo servizio” (Verbale dell’adunanza n. 55).

[iii] Consiglio Superiore degli Archivi, verbale dell’adunanza n. 252 del 12 aprile 1965, ibidem.

[iv] F.Valenti, Parliamo ancora di archivistica (Rassegna degli Archivi di Stato, 1975) ora riedito in Scritti e lezioni di archivistica, diplomatica e storia istituzionale , a cura di D.Grana, Roma, Direzione Generale per gli Archivi, 2000, pp.

[v] Sullo stato dell’arte della Guida Generale in versione digitale e in particolare sui “repertori delle magistrature uniformi”,  ai quali la comunità archivistica nazionale è particolarmente interessata cfr. P.Carucci, Sistema Guida Generale degli Archivi di Stato italiani, in “Archivi & Computer” a. XIV, fasc. 2/04, pp. 52-63, in part. pp. 57-58.

[vi] F. Valenti,  Nozioni di base per un’archivistica come euristica delle fonti documentarie, in Scritti e lezioni…,  cit., p.213

[vii] S. Vitali, Passato digitale. Le fonti dello storico nell’era del computer, Milano 2004, pp. 75-76.

[viii] P. Feliciati, L’amministrazione archivistica italiana sul Web: storia di un portale culturale pubblico, in “Archivi e Computer”, a. XII, fasc. 3/02, pp. 20-33, in part. pp. 25-26.

[ix] Cfr. anche D. Grana, Il Sistema Informativo degli Archivi di Stato,  in “Archivi & Computer” a. XIV, fasc. 2/04, pp. 78-84.

[x] In ISAAR(CPF), Struttura e uso dello standard, si chiarisce il senso di tale connessione: “Questo standard è concepito per essere usato in unione a ISAD(G) – General International Standard Archival Description, seconda edizione e a standard nazionali di descrizione archivistica. Quando questi standard sono utilizzati insieme nel contesto di un sistema di descrizioni archivistiche o di una rete, i record d’autorità dovranno essere collegati alla descrizione degli archivi e viceversa”. ISAAR(CPF): Standard internazionale per i record d’autorità archivistici di enti, persone, famiglie, traduzione italiana di International Standard Archival Authority Records for Corporate Bodies, Persons and Families, seconda edizione, 2004, traduzione italiana di Stefano Vitali, in "Rassegna degli Archivi di Stato", 2003, pp.  pp. 191-333, e in <http://www.anai.org/attivita/N_isaar/Isaar_Italia_versione_corretta_2.pdf>.

[xi] Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, 18 aprile 2002 e Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze, 12 marzo 2003, n.13.

[xii] Il software, i cui sorgenti sono ora di proprietà dell’Amministrazione, è stato sviluppato dalla società Softeamware s.r.l. di Firenze.
[xiii] SIAS - Sistema Informativo degli Archivi di Stato, Guida all’utilizzo del programma gestionale versione 3.02, a cura di P. Feliciati e M. Prencipe, Direzione Generale per gli Archivi, agosto 2004.

[xiv] SIAS - Sistema Informativo degli Archivi di Stato, Linee guida alla descrizione e alla gestione del patrimonio documentario, a cura di P. Feliciati,  con la collaborazione di M. Principe e un’introduzione di D. Grana, Direzione Generale per gli Archivi, seconda versione, agosto 2004.